Il prosciutto di Norcia è uno dei tanti prodotti di salumeria che si ottiene dalla lavorazione di carni suine. Fa parte dei prodotti tipici della cultura gastronomica umbra e ha ottenuto il marchio europeo IGP (indicazione Geografica Protetta) nel 1997.
Un’attività che risale al periodo dell’antica Roma
L’allevamento del maiale, in genere di razza Large White e Landrace Italiana, è testimoniato già in epoca romana, infatti il generale, politico e scrittore Marco Porcio Catone (detto il “Censore”), nella sua opera De Agri Cultura spiega in modo dettagliato alcune tecniche di produzione agro-alimentare, illustra alcune fasi della lavorazione dei prosciutti e ricorda l’importanza morale dell’attività agricola. Nello specifico, nell’area di Norcia, i grandi allevamenti di suini erano favoriti dalle condizioni climatiche e geografiche dell’area, essendo una zona ricca di boschi e querceti dove gli animali potevano trovare gli alimenti di cui avevano bisogno.
La produzione del prosciutto di Norcia è però legata principalmente alla scuola di chirurgia nata a Preci, un piccolo comune umbro in provincia di Perugia, nel XIII secolo. Sviluppatasi nel contesto culturale e religioso dell’abbazia benedettina di Sant’Eutizio, la scuola di chirurgia non era un’accademia universitaria, ma una scuola empirica dove i monaci insegnavano la scienza medica agli abitanti di Norcia e Preci che erano dediti principalmente all’agricoltura e alla pastorizia. In questo modo, gli agricoltori e allevatori si specializzarono in anatomia, nella dissezione di carni animali con lo scopo di poter lavorare e poi rivendere i propri prodotti anche in zone lontane dai pascoli, grazie alla conservazione sotto sale.
Zone di produzione e fasi di lavorazione
Oggi, il prosciutto di Norcia viene prodotto solo in zone specifiche che si trovano ad almeno 500 metri sul livello del mare, come per esempio i comuni di Norcia, Preci, Cascia, Monteleone di Spoleto e Poggiodomo in provincia di Perugia. La sua lavorazione ha subito delle trasformazioni del corso dei secoli, principalmente dovute all’introduzione e utilizzo di nuove tecniche e strumenti.
Secondo l’attuale metodo di produzione, dopo la macellazione, le cosce del suino devono essere refrigerate per 48 ore e poi rifilate (vengono rimossi il grasso e la pelle in eccesso). Segue una fase di salatura in due tempi, poi la fase di lavaggio e la “sugnatura” (processo di rivestimento del prosciutto con un composto di lardo, farina di riso, pepe, sale). Il prosciutto deve stagionare per un minimo di 12 mesi e un massimo di 18. Ha una forma tondeggiante di un colore che varia dal rosato al rosso, è sapido e ha un profumo speziato dato dall’uso del pepe in fase di condimento. È ottimo come antipasto, gustato insieme ad altri salumi e formaggi che compongono i taglieri misti, accompagnati da un calice di vino rosso umbro, come il Torgiano Rosso o il Montefalco Sagrantino.