Storia di un cantiere plurisecolare
Alla fine del 1200, Orvieto è nella fase più florida della sua storia, è una città potente e ben sviluppata a livello politico e istituzionale. Proprio in questo periodo, sotto il governo dei Sette e per volontà della Curia e del Consiglio comunale, viene aperto il cantiere del Duomo che si innesta sulla precedente chiesa di Santa Maria de Episcopatu, più piccola e da tempo in rovina. Il direttore dei lavori, al quale viene affidato il compito di innalzare la cattedrale, è Fra’ Bevignate, responsabile anche della realizzazione della Fontana Maggiore a Perugia, insieme al responsabile artistico Ramo di Paganello.
Nel novembre del 1290, viene posta a terra la prima pietra della Cattedrale di Orvieto, dedicata a Santa Maria Assunta, alla presenza di Papa Niccolò IV che recita la seguente benedizione: “La cattedrale è segno della presenza del Divino e di una comunità cristiana solerte e laboriosa, è relazione tra Dio e l’anelito del suo popolo. Il legame con la città e i suoi abitanti è così forte che ancora oggi il Duomo di Orvieto è il simbolo stesso della città, il monumento che più la identifica”.
Il cantiere di Lorenzo Maitani
Nel 1310, a vent’anni dall’apertura del cantiere, il progetto viene affidato a Lorenzo Maitani (1275 – 1330), uno dei più grandi scultori e architetti del tempo. Egli apporta un cambiamento radicale e definitivo nell’impostazione architettonica: configura uno spazio fortemente gotico, costruisce una pianta a croce latina con braccia sporgenti che ospitano due grandi e importanti cappelle e innalza una facciata tricuspidale. L’incarico di capomastro dura fino alla sua morte, sopraggiunta nel 1330.
La storia del Duomo di Orvieto non racconta solo di artisti e di committenti, ma anche di tutti quei lavoratori, operai e artigiani che hanno contribuito a innalzare questa cattedrale giorno dopo giorno. Ancora oggi si può immaginare un cantiere vivo, fulcro lavorativo della città; un luogo invaso dai materiali di costruzione dove il chiacchiericcio degli operai si fondeva allo scoppiettare del fuoco delle fornaci dei maestri del vetro, al rumore degli strumenti dei lapicidi, degli spaccapietre, dei fabbri e dei falegnami. L’opera è cresciuta con il contributo di ognuno sotto la direzione del capomastro Lorenzo Maitani. Dopo di lui molti altri, provenienti da tutta Italia, hanno ricoperto questo ruolo nei due secoli successivi fino al completamento.
Decorazioni della facciata del Duomo di Orvieto
La scultura
La facciata del Duomo di Orvieto è un racconto fatto di immagini che narrano la storia della Salvezza, ben visibile nella fusione tra architettura, scultura e mosaico. Lo sguardo del visitatore è guidato verso il cielo grazie a linee verticali sottolineate dai quattro pilastroni, dalle cuspidi e dalle guglie. La verticalità è equilibrata dalle linee orizzontali che scandiscono i piani.
Procedendo con lo sguardo dal basso all’alto, colpiscono i tre portali, ampi e profondi, popolati nella strombatura e nei tre archi da colonnine a spirale decorate con marmi diversi. Nello spazio tra i tre ingressi, poggiano le basi degli alti pilastri, rivestite di lastre di marmo e decorate con i bassorilievi più rilevanti della scultura gotica italiana. Questi raffigurano le storie del Vecchio Testamento, del Nuovo Testamento e il Giudizio Universale, dando vita ad una sorta di Bibbia scolpita, da scoprire fino a perdersi nei numerosi dettagli.
Sopra le decorazioni di marmo, sono collocate quattro statue in bronzo (gli originali sono all’interno del Museo) che rappresentano gli evangelisti tramite i simboli del tetramorfo: l’Angelo (San Matteo), il Leone (San Marco), l’Aquila (San Giovanni) e il Toro (San Luca). Statue di santi popolano le guglie e le punte delle cuspidi. Lo spazio della facciata è poi diviso orizzontalmente dalla loggia composta da archetti trilobati.
Il rosone
Al centro della facciata si trova il rosone del Duomo di Orvieto, opera dello scultore fiorentino Andrea di Cione, detto l’Orcagna (1354-1380). Il cerchio, inscritto in un quadrato, è decorato all’interno con archetti intrecciati sorretti da colonnine e nel punto centrale è scolpito il volto di Cristo. Questa finestra circolare ha una forte valenza simbolica per la fede cristiana, rappresentando Cristo come centro del progetto divino per la salvezza dell’umanità. Lungo il perimetro del quadrato, sono invece inserite 52 teste raffiguranti profeti e apostoli.
I mosaici
La decorazione a mosaico ricopre interamente la facciata del Duomo di Orvieto negli spazi non occupati dalle sculture. Il duomo è dedicato alla Vergine, dunque lo schema decorativo è rivolto a lei; infatti, le scene narrano la storia di Maria. Purtroppo, la maggior parte dei mosaici è stata pesantemente rimaneggiata nei secoli successivi. L’unico originale rimasto è stato disegnato da Ugolino di Prete Ilario e realizzato a mosaico da un frate francescano, Fra Giovanni Leonardelli, nella seconda metà del Trecento. Nel 1890 è stato venduto al Victoria and Albert Museum di Londra, dove tutt’ora è conservato.
Lo spazio interno del Duomo di Orvieto
Le navate
Il filosofo Romano Guardini scrive: “La cattedrale non è un semplice spazio architettonico, ma un’essenza spaziale che pulsa e respira” (in L’opera d’arte, 1988). Lo spazio interno è un ampio e maestoso raccoglitore di arte e fede. Come i fianchi esterni, l’interno è caratterizzato da una decorazione a filari di travertino (bianco) e basalto (grigio) ed è suddiviso in tre navate coperte da capriate lignee. Lo spazio, di tipo basilicale, è solenne e maestoso grazie allo slancio delle pareti, ai dieci pilastri centrali e agli effetti della luce filtrata dalle lastre di alabastro alle finestre. Ogni elemento architettonico visibile accompagna l’anima verso l’alto.
Il pavimento è in calcare rosso di Prodo. Le due navate laterali sono movimentate da una sequenza di cinque cappelle semicircolari. In particolare, nella navata di sinistra si trova un affresco del 1425 eseguito dal celebre pittore Gentile da Fabriano (1370 – 1427), raffigurante la Madonna in trono con Bambin Gesù sorridente il quale, con una tenerezza commovente, si tiene al dito della madre.
L’abside viene affrescato da Ugolino di Prete Ilario tra il 1370 e il 1380 con le storie della vita di Maria. Colpiscono i colori accesi dalla luce della grande vetrata centrale del 1334, composta di 44 pannelli di vetro ad opera di Giovanni di Bonino. Le testate del transetto sono occupate dalle due cappelle più importanti: la Cappella del Corporale e la Cappella di San Brizio.
Cappella del Corporale
Questa cappella custodisce la reliquia del Corporale, il lino macchinato dalle gocce di sangue stillate dall’ostia consacrata durante una celebrazione. La storia di questo miracolo è narrata sulle pareti affrescate da Ugolino di Prete Ilario nel 1357-1364, ma l’opera più preziosa è il reliquiario dell’orafo Ugolino di Vieri, risalente al 1337.
Cappella di San Brizio
La cappella conserva una delle testimonianze più sorprendenti della pittura italiana del Quattrocento. La volta è interamente decorata da Beato Angelico tra il 1447 e il 1449 e le pareti sono state affrescate da Luca Signorelli tra il 1449 e il 1504. Lo spazio è dedicato al santo vescovo patrono di Orvieto e il ciclo di affreschi ha come tema il Giudizio Universale.