Il farro è un tipo di frumento che viene coltivato e utilizzato in tutta Italia sin dall’antichità, ma il farro di Monteleone di Spoleto (comune umbro a confine con la regione Lazio) ha una particolare caratteristica: è il primo ad aver ottenuto il riconoscimento DOP in Europa.
Dalle leggende alle testimonianze storiche
Una leggenda narra che è stato San Nicola di Bari a far arrivare il farro a Monteleone di Spoleto. Il Santo, passando nella cittadina umbra, fu particolarmente colpito dalle condizioni di estrema povertà dei suoi abitanti e diede loro in dono del farro per sfamare i più poveri. Questa leggenda sarebbe però una trasposizione di un episodio della biografia del Santo, secondo la quale egli aveva inviato il farro agli abitanti della città di Mira (in provincia di Venezia), stremati dalla fame dopo un lungo periodo di carestia.
Oltre a questa leggenda, esistono anche testimonianze storiche sulla coltivazione del farro in Umbria. Nella “tomba della biga” di origine etrusca (VI secolo a.C.) rinvenuta nel comune di Monteleone, sono stati ritrovati attrezzi che venivano utilizzati per la lavorazione dei cereali e, tra le tracce dei vari cereali, sono stati ritrovati dei chicchi di farro. Anche la storia contemporanea è testimone di questa coltivazione: durante la Seconda Guerra Mondiale, i soldati tedeschi sottrassero alla popolazione di Monteleone tutti i mezzi di sostentamento, tranne il farro, che divenne così l’unica fonte alimentare per la popolazione locale.
Tipologie e tecnica di produzione
Il farro di Monteleone di Spoleto viene coltivato dall’ecotipo locale triticum dicoccum e vengono prodotte tre tipologie: integrale, semiperlato e spezzato. La zona di produzione comprende oltre al comune di Monteleone di Spoleto, anche quelli di Poggiodomo, Cascia, Sant’Anatolia di Narco, Vallo di Nera e Scheggino.
La tecnica di coltivazione è la stessa di centinaia di anni fa: dopo l’erpicatura (tecnica di spianamento del terreno), il farro viene tendenzialmente seminato in autunno o tra febbraio e maggio, a seconda dell’altitudine del luogo. Si concima con prodotti organici e viene raccolto generalmente tra luglio e settembre. I chicchi di ogni tipologia sono di forma allungata, un po’ ricurvi e di colore marrone chiaro, ambrato, ma ognuna di esse richiede delle fasi di lavorazione diversa. Il farro spezzato è un derivato di quello integrale, a cui viene tolta la pula (il rivestimento del chicco) e spezzato in tre o quattro parti. Da una sua ulteriore macinazione si ottiene il semolino di farro. Il farro semiperlato si può chiamare anche “decorticato” per via della mancanza di un leggero strato esterno di crusca; mentre l’integrale conserva anche le fibre esterne.
I molteplici usi in cucina
L’utilizzo culinario di questo prodotto è molto vasto, dalla preparazione di minestre calde fino a insalate fredde. La farina di farro è ottima per preparare sia prodotti dolci (come crostate e biscotti) sia prodotti salati, come le focacce. Una ricetta tipica umbra è l’imbrecciata: una zuppa di legumi della tradizione contadina, il cui nome paragona la breccia (ghiaia) ai diversi tipi di legumi che vengono utilizzati in questo piatto.