Ponte delle Torri – Spoleto

Il ponte-acquedotto che ha impressionato Goethe

Il Ponte delle Torri con gli occhi di Goethe

Nel settembre del 1786 il poeta tedesco Goethe (1749-1832) partì per un viaggio, durato quasi due anni, alla scoperta dell’Italia. Da questa avventura sovraccarica di bellezza nasce, tempo dopo, un libro intitolato “Viaggio in Italia”. Tra le pagine del saggio rimane il ricordo della visita del poeta al Ponte delle Torri: «Sono salito a Spoleto, e mi sono portato sull’acquedotto il quale serve in pari tempo di ponte, per riunire due monti. I dieci archi che attraversano la valle, sono costruiti in pietra; durano da secoli, e portano l’acqua in ogni punto della città. Ed è questo il terzo monumento che io vedo dell’antichità; desso pure di carattere grandioso. L’architettura di que’ tempi è quasi una seconda natura, la quale corrisponde agli usi civili […]» (p. 127).

 

Le osservazioni di Goethe

Goethe riporta una delle informazioni più importanti sul Ponte delle Torri: era sia un acquedotto che un ponte. Nato per portare l’acqua a Spoleto dalle sorgenti di Cortaccione, tramite un canale scavato nella parte più alta della struttura, ha assunto poi anche il ruolo di collegamento percorribile tra due rilievi: colle Sant’Elia e Monteluco. Il ponte, costruito in pietra calcarea locale, valica il tracciato del torrente Tessino con 10 arcate ogivali, sorrette da 9 piloni di misure diverse. Goethe conclude la descrizione esprimendo un giudizio decisamente acuto e che ben racchiude l’essenza di questa struttura. Secondo il poeta, alcune architetture del passato sono come una “seconda natura”, capaci cioè di legarsi con l’ambiente naturale che le circonda, mostrandosi in perfetta armonia con esso ma anche rispondendo all’uso pratico e civile per le quali venivano progettate e costruite. Il Ponte delle Torri di Spoleto è certamente una di queste architetture “naturali”.

 

L’origine del nome e il mistero della costruzione

Il colossale Ponte delle Torri è lungo oltre 236 metri e alto circa 80 metri. Il suo nome deriva dal latino “pons inter torres, traducibile con “ponte tra le torri” o, appunto, “ponte delle torri”. La definizione latina potrebbe riferirsi all’aspetto turrito dei piloni, ma potrebbe anche raccontare un particolare in più sulla storia di questa struttura, ipotizzando che due torri ne sorvegliassero l’ingresso e l’uscita. Altre interpretazioni riferiscono il nome ai forti posti alle due estremità: la Rocca albornoziana e il Fortilizio dei Mulini.
Mentre l’appellativo di Ponte delle Torri risale al XVIII secolo, la sua costruzione è precedente ed è difficile individuarne un periodo cronologico preciso. Le ipotesi proposte per la datazione sono principalmente due.

 

Vista aerea in verticale sul ponte delle torri. In tutta la sua lunghezza si estende tra i due monti ricoperti di boschi. Il sole proietta l’ombra degli arconi sulla vallata.

 

I resti romani e Albornoz

La prima ipotesi vuole che il ponte sia stato fondato su resti di epoca romana, di cui non è giunta alcuna testimonianza, mentre l’aspetto attuale è da far risalire alla metà del Trecento. Il cambiamento dell’area dopo il 1353 va a corroborare tale datazione: in città arriva il controllo del cardinale Egidio Albornoz (1310 ca. – 1367), nominato da papa Innocenzo VI in qualità di vicario generale nei domini della Chiesa. Il cardinale affida all’architetto Matteo di Giovannello (1300 circa – 1383), detto Gattapone, la costruzione di una rocca, conosciuta poi con il nome di Rocca Albornoz: una massiccia fortezza a controllo del territorio.

 

Muri e versetti

La seconda ipotesi segue osservazioni diverse: la presenza di tratti di muro di carattere romanico (XII secolo) in due piloni centrali; la celebrità del ponte fin dalla metà del Trecento, ricordato sia in diversi documenti che nel “Dittamondo” (capitolo X, vv. 82-90), scritto tra il 1345 e il 1367 dal poeta toscano Fazio degli Uberti; l’assenza dell’araldica cardinalizia. Questi tre fattori portano ad anticipare l’anno di costruzione del ponte alla fine del XIII secolo, slegando così la struttura dai cambiamenti voluti da Albornoz.
Certamente, il Ponte delle Torri di Spoleto appare oggi come un’imponente opera ingegneristica tardo-medievale.

 

Vista frontale delle grandi arcate del Ponte delle Torri di Spoleto. I quattro archi visibili si aptrono come grandi finestre sul verde circostante mentre il ponte è sormontato dal cielo azzurro.

 

Ai due estremi del Ponte delle Torri

Agli estremi del Ponte delle Torri si trovano due colli e altrettante fortezze: su Colle Sant’Elia domina la Rocca Albornoziana, mentre sul Monteluco spicca il Fortilizio dei Mulini, eretto per vigilare sul Ponte e rimasto attivo come mulino fino al XIX secolo. Le acque, prima di essere convogliate nell’acquedotto sopra il ponte, si incanalavano in serbatoi del XIV secolo per alimentare il lavoro dei due mulini comunali. Il Ponte delle Torri può essere interamente attraversato godendo della grandiosità della costruzione che domina la valle, che si mostra florida dal finestrone aperto nel 1845. Una volta percorso il ponte e giunti al Fortilizio dei Mulini, che offre un punto di vista differente per ammirare il ponte e la Rocca, è possibile imboccare molti sentieri del CAI. Questi conducono a diversi eremi custoditi dalla folta vegetazione e alla Basilica di San Pietro.
Il Fortilizio è l’attacco di una passeggiata panoramica chiamata “Giro dei Condotti, che, come suggerisce il nome, segue il tracciato degli acquedotti che conducono poi al Ponte delle Torri di Spoleto.

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