Una spezia antica
Originario dell’Asia Minore, lo zafferano, o Crocus Sativus, è presente in centro Italia fin dal medioevo. Fiore dai mille usi, che siano medici, tintori o alimentari, venne diffuso in Occidente grazie ai popoli Arabi: il nome infatti, in persiano sahafaran, da asfar (giallo), divenne za’faran in arabo e poi azafran in spagnolo. È l’unica spezia coltivata direttamente in Italia. Prima testimonianza dello zafferano in Umbria è un documento del 1200, dal libro contabile del monastero di Santa Maria di Valdiponte (oggi nota come abbazia di Montelabate), vicino a Perugia. Per i quattro secoli successivi, in autunno, i campi della regione si sono colorati di viola, rosso e giallo, impreziosendo il paesaggio umbro con le sfumature di questi fiori esotici, in particolare nei territori dell’attuale Città della Pieve (allora Castel della Pieve), Spoleto, Foligno e Orvieto. Se si considera che per ricavare un grammo di spezia sono necessari circa 150 fiori di zafferano, si può intuire quanto potesse arrivare a costare una piccola quantità di questa spezia. Alcuni statuti del 1300 della città di Cascia parlano di pene per chi avesse apportato danno alle coltivazioni di “croco”, mentre nel 1500 si ha testimonianza di scambi commerciali di zafferano con gemme preziose.
La scomparsa e la riscoperta dello zafferano
Misteriosamente, verso il 1600, la produzione di zafferano terminò. In realtà, furono una serie di convergenze storiche e culturali che posero fine alla presenza della spezia nel centro Italia. Dal punto di vista culinario, le novità agricole provenienti dalle Americhe e l’imposizione della cucina francese presso gli aristocratici stavano cambiando le abitudini alimentari degli italiani, facendo prevalere l’uso delle salse anziché delle spezie per il condimento del cibo. Intanto la Camera di Norimberga, centro europeo del mercato dello zafferano, aveva emanato pesanti sanzioni contro la gestione della spezia nella zona, sanzioni che portarono alla morte del mercato nell’arco di mezzo secolo. A Firenze invece, città che si era rifornita abbondantemente di zafferano in Umbria per scopi tintori, i mercanti iniziarono a rivolgersi ai genovesi che importavano la spezia dalla Spagna a costi minori. È grazie a un gruppo di appassionati che, dagli anni Novanta, si è tornato a produrre lo zafferano in Umbria. Nell’arco di alcuni decenni agronomi, coltivatori, storici e curiosi del passato della propria regione hanno portato avanti coltivazioni sperimentali, supportati dal Dipartimento di Arboricoltura, riuscendo a reintegrare nel territorio questa spezia così affascinante e preziosa.
I luoghi dello zafferano in Umbria
Oggi sono numerosi i consorzi che si preoccupano di portare avanti la cultura di questa spezia. In una delle città in cui lo zafferano è stato coltivato per più tempo, principalmente a scopi tintori, c’è il consorzio “Il croco di Pietro Perugino – Zafferano di Città della Pieve”, a cui partecipano una trentina di produttori che commercializzano la spezia solo in fili, modalità che ne garantisce l’autenticità. Il consorzio “Associazione dello Zafferano di Cascia – Zafferano purissimo dell’Umbria”, coinvolge invece una ventina di produttori della Valnerina, dove la spezia, storicamente, era molto commercializzata anche per le sue proprietà terapeutiche. Il consiglio è di passare da Cascia a fine ottobre per la Mostra Mercato dello Zafferano di Cascia, o il 25 novembre per rivivere l’antica cerimonia durante cui viene fissato ogni anno il prezzo dello zafferano, per la festa di Santa Caterina di Alessandria. A Spoleto, invece, si trova l’Associazione “Zafferano del Ducato”, promotrice di sagre dello zafferano e mostre mercato. Potreste approfittarne per assaggiare qui i maltagliati allo zafferano e ceci, pasta dorata dal gusto delicato e unico. Infine, a Gubbio c’è la giovane “Associazione Zafferano”, dedita a una variante della spezia che nasce spontaneamente nella zona, dove infatti è tipico il coniglio allo zafferano, una ricetta che unisce meravigliosamente due gusti della tradizione umbra.